Stanco
di storie tristi, reali o immaginarie, Mauro Corona ha deciso che è
arrivato il momento dell'allegria: basta disgrazie o morti ammazzati,
esiste un tempo per la gioia. E quale modo migliore per rallegrarsi
se non recuperando storie antiche perdute tra i boschi? "Barzellette
letterarie" come quella di Rostapita, Clausura e Santamaria,
riuniti per ammazzare il maiale ma troppo ubriachi per riuscirci
davvero, o racconti che l'autore ha raccolto a Erto e dintorni, nei
paesi e nelle osterie, come quello di don Chino, prete anziano,
incapace di arrampicarsi fino alla casa più arroccata del borgo e di
Polte che, per ripagarlo della mancata benedizione, quasi lo uccide
lanciandogli addosso una forma di formaggio. Così, scolpiti dalle
sapienti mani di Corona, momenti di vita di montagna, episodi
tragicomici ed esilaranti diventano novelle, piccole grandi leggende
da tramandare alle generazioni future. Chi legge percepisce subito
quanto l'autore si sia divertito nello scrivere - "come mi sono
sempre divertito a fare libri, a raccontarmi storie per rimanere a
galla" dice -, eppure lui stesso ammette di essersi accorto,
procedendo nella stesura, di non essere stato fedele fino in fondo
all'intento iniziale: a ben guardare, infatti, le storie raccolte in
questo volume non sono tanto allegre. Traggono tutte origine da
fallimenti, solitudini, tristezze, "ricordano gente semplice,
vissuta senza luci di ribalta, passata al buio del mondo in
silenzio".
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