lunedì 30 settembre 2013

In alto e in largo

Dopo aver realizzato moltissime imprese sugli Ottomila e dopo una cinquantina di prime, Hans Kammerlander si è posto un nuovo traguardo: la salita delle seconde vette più alte dei sette continenti, un progetto decisamente attraente per un alpinista come lui, soprattutto perché la salita di queste montagne presenta più difficoltà delle cosiddette Seven Summits, che oggi sono montagne "di moda", spesso prese d'assedio dagli alpinisti. Il progetto di Kammerlander delle Seven Second Summits è diventato un viaggio intorno al mondo che lo ha condotto dal K2 in Asia all'Ojos del Salado al margine del deserto di Atacama in America Meridionale, dal Mount Kenya fino al Polo Sud e nella giungla della Nuova Guinea. Kammerlander ha attraversato ghiacciai sterminati così come fitte foreste ricche di orchidee e ananas. Ha fatto la conoscenza del "re dei bush pilot", ha sperimentato il talento nell'improvvisare degli alpinisti russi, ha incontrato portatori con gli stivali di gomma che nonostante la pioggia ininterrotta non hanno mai perso il buon umore. Poi però proprio il Mount Logan, considerato facile anche se molto imponente, che Hans Kammerlander aveva salito nel 2010, ha sollevato una serie di polemiche perché Kammerlander, a quanto pare, non aveva raggiunto la vetta principale, bensì una secondaria: nessun problema. Con una nuova salita a due anni distanza, Kammerlander ha fugato ogni dubbio sul fatto che il record delle Seven Second Summits gli spettasse di buon diritto.

Via Andrea Calliari

 Il tracciato della via (foto sassbaloss.com)

Via Andrea Calliari e variante Primavera - VI - 290 m - parete Ghandi - Pian della Paia
Ale & Gianfranco

Lago di Braies e Croda del Becco


sabato 28 settembre 2013

Monte di Mezzocorona


Dislivello 660 m

Come sasso nella corrente

In una stanza immersa nella penombra una donna, giunta all'autunno della vita, si muove lentamente appoggiandosi a un bastone. Intorno a lei sculture di ogni tipo. La donna le sfiora e insegue il ricordo di un uomo. Un uomo schivo, selvatico, che però ha saputo rendere eterno nel legno il sentimento che li ha uniti. Ogni statua evoca un episodio della vita avventurosa che quell'uomo ha vissuto e amava condividere con lei, le difficoltà di un'infanzia di povertà e abbandoni, in cui la più grande gioia era stare con i fratelli e i nonni attorno al fuoco, la sera, imparando a intagliare legno, o sentire la vibrante intensità della natura durante una battuta di caccia. Ogni angolo arrotondato delle sculture fa affiorare in maniera dirompente l'orgoglio e la rabbia di quel giovane che, crescendo, aveva voglia di farcela da solo, cancellando le ombre del passato che lo tormentavano. Ma quei profili, quelle figure che ancora profumano di bosco, raccontano anche che l'amore può trovare pieno compimento solamente nella trasfigurazione, nel sogno, perché l'unica via per non rovinare quel sentimento vero e cristallino è allontanarlo dalle mani dell'uomo che, nella sua intrinseca incapacità di essere felice, finirebbe inevitabilmente per sprecarlo. Dai boschi che Mauro Corona ci ha insegnato ad ascoltare e ad amare si leva in questo romanzo una voce nuova, per molti versi inaspettata, a tratti dolente ma non perciò men energica.

lunedì 23 settembre 2013

Via del Gracchio - Torre Edwards


Via Bernard-Romanini (Via del Gracchio) - VI- - 200 m - Torre Edwards - Gruppo del Catinaccio
Ale & Jessica, Carlo

Divertente e facile via con qualche singolo passaggio un po' impegnativo, fantastica la lama da fare in Dulfer del IV tiro :)

Via Eisenstecken alla Croda di Re Laurino



Via Eisenstecken - VI - 350 m - Croda di Re Laurino - Gruppo del Catinaccio
Ale & Egon

Salita gratificante e abbastanza continua per un'altra delle splendide vie firmate dal bolzanino Otto Eisenstecken. Il freddo inatteso ci ha dato un po' fastidio nelle prime lunghezze con mani che rasentavano il minimo della sensibilità ma la voglia di salire era tanta e non abbiamo desistito. La tanto agognata birretta a fine via, proprio nei pressi del rifugio Santner ci è stata negata a causa della chiusura del rifugio ma ci siamo rifatti nel corso del pomeriggio nei boschi sotto il Catinacio riempiendo di porcini i cestini :).
Questa ti va bene Nick?

Torre Inglese parete E

Cordate sull'ultimo tiro

Via Menardi, Maioni, Wyatt - 52 m - IV- - Torre Inglese - Gruppo delle 5 Torri
Ale & Jessica, Carlo

Torre Romana - Diedro N

 Il bel diedro tra Torre Romana e Torre Barancio

Diedro N - IV+ - 100 m - torre Romana - Gruppo dell 5 Torri
Ale & Jessica, Carlo

Piccola Torre del Falzarego - via Comici



Via Comici - V- - 230 m - piccola torre del Falzarego - dolomiti di Fanes
Ale & Jessica, Carlo

Via dei falchi



Via dei Falchi (La campanella) - V- - 150 m - Chegul, Marzola
Ale & Jessica, Carlo

martedì 10 settembre 2013

Toore Firenze - Via Gluck










Torre Firenze, spigolo W - via Gluck - IV+ - 400 m - Monte Stevia
Ale & Paolo

Divertente e facile via (salita con le scarpe da ginnastica) ideale per la giornata con il tempo incerto come quella di domenica. Il buon (e ormai vecchio) Fulvio ha desistito solo alla fine ad aggregarsi causa una brutta sciatalgia che non gli ha impedito di salire al rifugio Juac e in seguito di aspettarci a fine via al rifugio Stevia.

venerdì 6 settembre 2013

Con la testa tra le nuvole

 Calisio
 Ville di Giovo e il monte Corona
 Lases e l'omonimo lago
 Cavalese e dintorni
 Cima Cece
 Latemar
 Gruppo del Sella
 Val di Fassa e gruppo del Sasso Lungo
 Gruppo del Catinaccio
 Roda di Vael
Canalone N del Latemar
 Torre di Pisa sul Latemar
Lago di Stramentizzo
 Mezzocorona
 Nave San Rocco
 Pressano
 Vigo Meano
 Trento
Elisoccorso sopra la facoltà di ingegneria

Ale & il pilota Luca

mercoledì 4 settembre 2013

Nuovi mattini. Il singolare 68 degli alpinisti

Quanti sanno che c'è stato anche il Sessantotto degli alpinisti? Vide la luce con sei anni di ritardo rispetto alla contestazione studentesca e prese il nome di Nuovo mattino, dal titolo di un articolo di Gian Piero Motti sulla "Rivista della Montagna". Lo stesso Motti, scalatore torinese, autore di una suggestiva Storia dell'alpinismo, aveva pubblicato nel 1972 il famoso articolo I falliti, e nello stesso anno aveva aperto, con Manera e Morello, Tempi moderni sulle pareti del Caporal. L'articolo e la via segnarono l'inizio di una stagione che si caratterizzava per la scoperta della libertà e il gusto della trasgressione, contro la tradizionale cultura alpinistica della vetta, dei rifugi, dello zaino, degli scarponi, dei chiodi e del casco, del Cai, delle guide. C'era l'idea che l'arrampicata potesse essere tutt'uno con la vita e che gli ideali, le tensioni, i fermenti, le mode su cui si aprivano gli anni settanta potessero rispecchiarsi nel modo di arrampicare, nell'abbigliamento leggero, nella ricerca del rischio, nella logica del branco. Interpreti del Sessantotto alpinistico furono "piccoli, sparuti gruppi di ribelli", dai torinesi del Circo volante che esplorarono la Valle dell'Orco ai sassisti valtellinesi che si misurano sui massi della Val Masino e della Val di Mello, all'avanguardia triestina, ai "pacifici arrampicatori" di Reggio Emilia, come scrive Enrico Camanni, direttore di "Alp" dal 1985 al 1998, nell'introduzione al volume in cui ha raccolto 35 documenti sul Sessantotto della montagna. Si possono rileggere in queste pagine testi chiave, come i citati articoli di Motti, ma anche le confessioni di protagonisti del movimento: Andrea Gobetti, Roberto Bonelli, Alessandro Gogna, Ivan Guerini e così via. A questo passaggio culturale corrispose la trasformazione tecnica volgarmente nota come free-climbing. Tecniche specifiche di allenamento psicofisico e l'uso delle scarpette a suola liscia resero possibile vincere senza aiuto di mezzi artificiali difficoltà che prima sembravano insuperabili. Importato dall'America, attraverso il modello dei "figli dei fiori", il Nuovo mattino, secondo Camanni, si concluse simbolicamente alla fine degli anni settanta con l'assassinio di Guido Rossa, "un antesignano della trasgressione" su montagne e falesie. In un amaro bilancio, Camanni osserva che la trasgressione oggi è diventata convenzione: gioco di massa, espropriato di aspirazioni utopiche.

Istanbul


Istanbul come malinconia condivisa, Istanbul come doppio, Istanbul come immagini in bianco e nero di edifici sbriciolati e di minareti fantasma, Istanbul come labirinto di strade osservate da alte finestre e balconi, Istanbul come invenzione degli stranieri, Istanbul come luogo di primi amori e ultimi riti: alla fine tutti questi tentativi di una definizione diventano Istanbul come autoritratto, Istanbul come Pamuk".  Una delle più affascinanti città del mondo raccontata con la passione enciclopedica del collezionista, l'amore del figlio, il lirismo intenso del poeta.

Leno di Terragnolo

Ale, Andrea, Massimo